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Il 2019 è ancora un anno di crescita per la produzione nazionale di vini spumante: sono 750 milioni le bottiglie vendute, 200 per il mercato interno e 550 per quello estero, con una crescita dell’ 8,5% in più di produzione rispetto lo scorso 2018.

Il mercato si divide fra 720-725 milioni di bottiglie di metodo italiano e 27,5/28 milioni di metodo tradizionale. Il metodo italiano ha come leader nazionale e mondiale il sistema Prosecco nelle diverse denominazioni docg e doc., con 600 milioni di bottiglie e un valore all’origine di 1,2 miliardi di euro per un fatturato al consumo di 3,9 miliardi, di cui oltre 105 milioni di bottiglie dei Docg trevigiani, con l’ottima performance dell’Asolo Superiore Docg che supera i 15 milioni di bottiglie, come riportano i dati dell’Osservatorio Spumanti d’Italia.


“Punto dolente – commenta Giampiero Comolli, presidente dell’Ovse – resta il valore marginale all’origine delle bottiglie, di conseguenza al consumo anche se, soprattutto sui mercati esteri, il sentiment qualità e made in Italy spuntano un giro d’affari globale al consumo di 6,1 miliardi di euro, oltre 3 volte tanto il prezzo alla produzione. Ma per crescere in valore occorre puntare al nuovo e miglior rapporto valore/identità abbandonando il mix qualità/prezzo che spinge al ribasso”.

Secondo i dati analizzati da Comolli il mercato interno cresce e si differenzia: non più solo grande distribuzione ma più acquisti di etichette di medio-piccole cantine, è boom nel 2019 (+18%), soprattutto uve autoctone spumantizzate con metodo tradizionali, aumenta l’ horeca locale mentre stenta a espandersi l’e-commerce.
Nonostante le tensioni su tanti mercati del mondo, l’export continua a crescere: interessante l’aumento record del 26% dell’esportazioni di vino italiano in Giappone. Se la Germania segna ancora un anno in calo (-8%) e gli Usa registrano un leggero freno (solo +5%), tutti gli altri Paesi crescono ancora, dal 6% di Regno Unito al 15-16% di Russia e Francia.


Il 2020 inizia con ottime notizie per il mercato italiano ma attenzione “bisogna non dare per scontato nulla, puntare su canali innovativi e nuovi paesi oltre gli attuali 115”, afferma Comolli. In soli 5 Paesi va il 61% dell’export. Urgono azioni di formazione e valorizzazione, una casa e un percorso unitario che esalti le differenze, che spieghi al consumatore straniero (e anche nazionale) la grande biodiversità enologica: “L’Italia vale di più di altri paesi se esalta la ricchezza patrimoniale, se la piramide è territoriale e non aziendale, se la formazione è legata stretta alla commercializzazione”.